di Dino Garrafa.
La sabbia sembra ferma ma non lo è. Se la guardi da vicino ti rendi conto che ci sono piccole frane di granelli un po’ dappertutto. Mi piace il mare. L’ odore delle graffe con lo zucchero che vendono sulla spiaggia, la sabbia nel sedere, l’acqua salata che quando si asciuga col sole si trasforma in macchie bianche che pizzicano un poco e pure le vespe che ronzano attorno ai miei taralli e al mio succo di frutta. L’unica cosa che prima non mi piaceva, era quando mi dovevo cambiare il costume bagnato ed infilare la mutanda, ché mamma lo faceva davanti a tutti. Dall’anno scorso, però, mi mette un asciugamano davanti così nessuno mi vede.
- Dino, esci fuori dall’acqua!
- Solo un attimo, l’ultimo tuffo.
- Quando torniamo a casa facciamo i conti!
- Solo un’altra calata, guarda, mamma, come sono bravo.
Mamma, guardami. Guardami.
Ho paura. Guardami adesso, mamma. Ho un piede incastrato tra gli scogli e per stare a galla nuoto con una gamba sola. Mamma farò qualsiasi cosa che mi chiedi e sarò buono. Non ti risponderò male anche se tu mi picchi, ma ti prego vieni a cercarmi al molo. Io sono qui, nell’acqua e non posso uscire. È quasi buio. Era meglio se non eravamo venuti in vacanza al mare così io non cadevo qui sotto. Era meglio se stavamo a casa nostra.
Casa nostra è un po’ vecchia e c’ha un balcone dove ci sono i gerani di nonna Bianca che si chiamano “pansè” e questo nome mi fa ridere perché mi ricorda la pancia di nonna. Appena entri c’è l’ingresso con una cassapanca dove, dopo mangiato, ci litighiamo con le mie sorelle per chi ci deve dormire sopra, ma è solo un gioco per farci i dispetti tra di noi. C’è un bagno vecchio e dietro la porta una caterva di giornali di papà - perché lui legge molti giornali, la stanza da letto, e poi c’è il salotto con i muri rosa dove non si entra perché se viene qualcuno, dove lo possiamo ospitare? Qui ci dorme nonna da sola ché lei è anziana e deve stare tranquilla. L’unica cosa che mi piace del salotto è quando viene Natale ché lì nonna Bianca ci fa l’albero di Natale e noi dalla porta a vetro, possiamo vedere le luci che s’illuminano. Comunque ogni tanto noi entriamo e rubiamo le monete di cioccolata. C’è una cucina dove nonna cucina, e un soggiorno con un grande tavolo dove ci sediamo per mangiare o fare i compiti, e poi una poltrona dove la domenica, che papà mangia a casa, si ci siede lui e mangiando legge il giornale perché lui è nel sindacato. Gli altri giorni ci sta sempre nonna Bianca, sia quando mangiamo sia sempre, anche perché di fronte c’è la televisione e a me mi manda sempre a cambiare canale. Sotto il tavolo vicino a nonna c’è una stufa perché a casa, a noi, ci fa freddo.
Ho paura. L’ acqua è fredda. Mi battono i denti e tremo tutto. La maglietta della juventus mi si è quasi sfilata di dosso. Ma che giorno è oggi? Ah, è domenica, mamma è andata a messa. « Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me che ti fui affidato dalla pietà celeste, amen. ». Le suore del catechismo ci hanno detto che abbiamo un angelo che se lo preghiamo ci aiuta. Così mi hanno detto quando mi sono fatto la prima comunione.
- Dino, vieni qua ho comprato il vestito della prima comunione.
- Mamma, è in quella busta? Fammi vedere .
- Non gridare che ti sente nonna. Vieni che ti faccio vedere.
- Ebbé che mi sente nonna, apri.
- L’ho pagato caro, e a lei chi la sente. Ecco, sandali blu nuovi, le calze bianche ricamate e questa camicia bianca. Guarda questo pantalone azzurro, ti arriva sul ginocchio ma è molto elegante, e poi il gilet blu di filo, toccalo.
- Mamma, cosa facciamo per la festa?.
- Stiamo nel salotto che vengono alcuni colleghi del lavoro di papà e poi gli zii.
- Quelli del paese? Quelli vecchi?
- E poi alle cinque e mezza arriva quello del bar con il gelato alla vaniglia per tutti.
- Non mi piace il gelato alla vaniglia.
Il giorno della mia prima comunione, giustamente, papà non è entrato in chiesa perché lui è comunista e nella chiesa non ci crede. Quando ho preso l’ostia mi sono messo a ridere con un compagno, la suora mi ha dato uno schiaffo alla testa e io, quando mi sono inginocchiato per fare la preghiera, mi sono messo a piangere.
Ho paura. Quando a casa mia qualcuno di noi piange, gli altri lo prendono in giro e gli fanno il solletico. Se c’erano le mie sorelle qui e mi vedevano che ora sto piangendo, m’immagino quanti dispetti mi facevano. L’acqua che sbatte contro gli scogli fa un rumore pauroso. Poi se un’ onda entra in un buco tra i massi fa un rumore come di un leone e mi fa ancora più paura. È notte. Spero che non vi siete dimenticati di me e che state dormendo.
A casa dormiamo in sette in una stanza. Io e Aurora nel mobile letto che apriamo ogni sera e che fa rumore. Bianca il letto ce l’ha, perché è la più grande. Anna dorme nella culla, però ci sta stretta. Daniela, che è piccola, con mamma e papà.
- Italo, non fumare a letto che ci sono i bambini.
- Laura, sta’ zitta un po’. Vedi che parto domani. La valigia è pronta?
- Sì. Ti c’ho messo pure le maglie di lana.
- Quali maglie? Non voglio maglie di lana.
- Quelle che ha comprato tua madre.
- Va bene, come vuoi tu. I fazzoletti ce li hai messi?
- Sì, ma tu adesso chiudi la luce.
- Adesso la chiudo.
- Italo, basta, non fumare più, qui non si respira.
Ho paura. Non riesco a respirare, l’acqua salata mi entra nel naso e nella bocca. Mi viene da vomitare. Le braccia mi fanno male e non riesco a stare a galla. L’acqua è gelata. Ho paura dei granchi. Ma… ma sento, questa è la voce di papà da lontano. È quello con la canottiera bianca. lì sugli scogli.
- Papà, Papà. Sono qui sotto. Vieni. Io sono qui. Ti vedo.
- Dino… Dino...
- Papà, papà…
- Dino, Dino, Dino...
Non mi ha sentito. Se n’è andato. Pure che mi sentiva per liberare il piede doveva andare sottacqua e lui non sa nuotare. Non ce la faccio più, speriamo che chiama a qualche collega di lavoro oppure a mamma che sa nuotare e torna.
La sera papà non torna mai e nonna ci dice che dobbiamo fare i buoni se no papà non viene più perché fa un lavoro pericoloso. Io non lo so cosa fa, ho capito solo che ci sono i rossi e i neri che certe volte si picchiano e si ammazzano. Lui è nella squadra dei rossi che sono quelli buoni. Ogni volta che sento un’ambulanza, la notte, penso che lo stanno portando all’ ospedale, ma poi, per fortuna, torna a casa e a me mi prende il sonno.
Ho paura. Ho sonno. Sono stanco. Chiudo gli occhi perché mi bruciano, ma non devo dormire se no mi annego come quello del film che ho visto. Quando vado con la testa troppo giù, l’acqua mi entra nelle orecchie ed io sento un rumore strano come una musica lontana .
A mamma piace ascoltare la musica e le canzoni alla radio e quando mi metteva il grembiule per andare a scuola cantava le canzoni di Baglioni. Io a scuola vado certi giorni bene e certi giorni così così. Una volta sono andato a scuola con le pantofole perché mi sono dimenticato di mettermi le scarpe e i miei compagni mi hanno preso in giro. Anche nonna la domenica mattina mette i dischi di Gabriella Ferri a tutto volume e lei canta mentre cucina e io sento l’odore del sugo. Pure a me piace la musica e la mia chitarra me l’ha comprata mamma quando ha visto che io mi costruivo le chitarre con le scatole di scarpe e i fili di ferro che sono nei fili della luce. La mia chitarra è bella, profuma di chitarra nuova, la mia, di colla di falegname, e io certe volte me la metto nel letto e la notte ci dormo tranquillo che non sento neanche il treno che corre e non faccio gli incubi degli uomini ombra e dell’uomo nero.
Ho paura. Il cielo è tutto nero. Le barche nel mare non ci sono più. Sento dei boati lontani che non so se sono botti di una festa oppure tuoni. Il mare è strano, prima era più calmo adesso le onde sono più forti e mi spingono in alto e poi in basso. Ho paura. Ho paura. Angelo di Dio. Ho paura. Il mare lo sa che lui mi piace. Il mare non può essere cattivo con me. Io amo quando mamma ad agosto ci porta al mare.
Quando andiamo al mare ci andiamo con la macchina di mamma che è una Opel Kadett bianca e io e le mie sorelle, con le valigie, stiamo l’uno sull’ altro. La macchina di mamma si rompe sempre sulla strada di Paola. Papà invece non ha la macchina e nemmeno la patente, lui non viene con noi al mare perché deve lavorare a Cosenza e viene solo la Domenica. Quando siamo al mare dormo di più perché la mattina non mi sveglio con le voci di mamma e papà che litigano gridando, e certe volte grida pure nonna. Una volta ho visto papà che stringeva il collo di mamma e io non sapevo cosa fare, ma al mare queste cose non succedono. Quando è l’ora di mangiare che io e papà siamo sulla spiaggia e gli altri sono già andati a casa, io resto con lui per aiutarlo. Lui porta la sedia a sdraio dove si siede nonna (ma quando c’è lui si ci siede lui), ed io l’ombrellone. Poi passiamo dal bar, mi compra l’aranciata e lui si prende il Campari con le patatine. Il Campari me lo fa provare pure a me, ma non mi piace che è amaro ma non gli dico niente, invece le patatine me le mangio che sono salate.
Ho paura. Sto bevendo acqua salata che mi rimane dentro. Piove tanto. Lampi e tuoni forti che vengono dal mare. Le onde forti. Il piede. Non respiro, l’acqua mi esce dal naso. Pancia gonfia. Mi viene da vomitare. Vado giù e bevo ancora. Non respiro. Il cuore mi scoppia. Muoio. Mamma. Mamma. La chitarra. Muoio. Pansè. Aiuto. Campari. Angelo di Dio. Bianca. Affogo. Opel Kadett. Aurora, Anna, aiuto mamma sto morendo, Daniela, nonna.
Papà. La maglietta della Juventus. Mamma. Mamma. Mammina.
Rumore di motore. Grande gommone, luci, mani che stringono il piede, dolore al piede. Mi prendono. Sono libero. Voci, urla di uomini. Canottiera bianca. Papà. Ora io sono sul gommone. Piove. Coperta. Respiro forte. Il cuore mi scoppia. Papà. Papà mi ha trovato. Il gommone che sobbalza sulle onde. Papà piange, mi dispiace. Siamo arrivati alla spiaggia. Gli uomini scendono e camminano nell’acqua portandomi in braccio a riva. Papà non sa nuotare, aiutatelo a scendere. Torce accese illuminano la spiaggia. Gente. Tanta gente. Mamma grida forte, piange, mi tocca e mi carezza mentre gli uomini mi portano ancora in braccio. Applausi. Voci di donne e uomini. Piove forte. Tuoni. Ancora applausi. Sotto un ombrellone, Bianca, Anna, Aurora, Daniela piangono e strillano. Indietro, nonna immobile con lo scialle in testa. Mamma, ho fame, ho sete, ho sonno. Ora non ho più paura.
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