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Il Samaritano, l'Opera

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“Non attori, ma anime vere. Non una storia lontana, ma una presenza che vibra. Il Vangelo si fa carne, il dolore voce, la compassione gesto concreto. "Il Samaritano" è un viaggio tra simbolo e realtà, un invito a riconoscere l’umano, anche quando fa paura. Un teatro che non finge, ma rivela. Che non consola, ma scuote. Lo spettacolo Teatrale, scritto e diretto da Dino Garrafa, interpretato dai ragazzi sottoposti a misure alternative alla detenzione, ospiti delle Comunità Terapeutiche Regina Pacis di Cosenza, è un’opera che trasforma la ferita in forza, e la fragilità in coraggio. Lasciati toccare da chi questa storia la rende vera. Da Viandanti  feriti, ma vivi. Per chi ha ancora il coraggio di amare.”


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Con quest’ opera, Dino Garrafa, autore e regista calabrese, dà nuova vita alla parabola del Buon Samaritano, portandola fuori dalla pagina evangelica e calandola in una narrazione teatrale corale, profondamente umana, spirituale e attuale. Non si tratta di una semplice trasposizione, ma di una riscrittura che espande i confini della parabola, immaginando ciò che nel testo evangelico resta sullo sfondo: i pensieri, le voci, i conflitti interiori dei personaggi, i piccoli gesti che precedono e seguono il momento centrale del racconto.


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La struttura dell’opera è scandita da scene che si muovono tra realismo e simbolo, tra quotidianità e tensione spirituale. il giovane Tobiah, samaritano fragile e sincero, è la figura che dà corpo all’amore gratuito: non è un eroe, ma un ragazzo semplice, disprezzato, escluso, che proprio per questo diventa capace di vedere e agire dove altri — più puri, più importanti — voltano lo sguardo. Accanto a lui, si muove una piccola folla di figure complesse e credibili: Barnaba, locandiere ruvido ma umano; Deda, figura accogliente e materna; il Viandante, creatura ferita in cerca di senso; e i rappresentanti della religione, il Sacerdote e il Levita, che restano prigionieri di una purezza apparente.


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L’opera diventa una riflessione teatrale sul “prendersi cura”. Il messaggio spirituale non viene mai gridato: è sottile, incarnato nei gesti, nelle esitazioni, nelle parole non dette. L’idea di "prossimo" emerge nella sua verità più radicale: non è questione di religione, ma di umanità.


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lo stile drammaturgico è sobrio ma efficace: dialoghi vivaci, monologhi profondi, ritmo ben sostenuto da interventi musicali che scandiscono le emozioni e i passaggi simbolici. La scrittura è accessibile, ma attraversata da un respiro poetico che dona profondità senza mai perdere immediatezza.


In conclusione:

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Dino Garrafa riesce a trasformare una parabola millenaria in una storia viva, coinvolgente, aperta alla riflessione. il Buon Samaritano non è più solo un esempio evangelico: diventa un volto, una voce, un gesto concreto in scena. In un mondo che ancora fatica a riconoscere il valore dell’altro, questa messa in scena è una chiamata discreta ma potente alla compassione, alla cura, alla fraternità e all’amore.


Perché portare un Laboratorio Teatrale ispirato alla parabola evangelica del Buon Samaritano, in una Comunità Terapeutica?


Quale sarebbe potuto essere il suo significato profondo per chi ha vissuto l’esperienza dell’emarginazione e della sofferenza? Durante le fasi di Laboratorio, mi sono chiesto: cosa direbbe oggi Gesù a queste persone?


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Ebbene, insieme abbiamo scoperto che nelle storie di tutti i giorni, possiamo essere il Samaritano, il viandante ferito, il sacerdote indifferente, il levita, il brigante e persino il locandiere. Durante il Laboratorio, il racconto evangelico è diventato dunque uno specchio potente per chi si è sentito giudicato o escluso. I personaggi, calati nelle storie di vita dei ragazzi, sono immediatamente apparsi più vivi e veri, di carne.  Hanno preso vita nei ragazzi stessi. Abbiamo raccontato la parabola raccontando, in fondo, le nostre storie. Perché il teatro è questo: uno strumento per guardarsi dentro e dare voce a ciò che spesso rimane inascoltato.


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